Abbattiamo i luoghi comuni sull’internazionalizzazione

Ciao ragazzi e di nuovo un caldo benvenuto dai vostri Money Lawyers.

Nel caso ancora non ci conosci, noi siamo gli avvocati Fabio Santoro e Oreste Petrillo e abbiamo insieme fondato la SAPE CONS LTD, una società che aiuta imprenditori come te ad internazionalizzare i loro business all’estero in quanto esperti in apertura, gestione e crescita di società Ltd nel Regno Unito e nelle giurisdizioni offshore oltre che in transazioni internazionali.

Oggi parliamo dei tanti (forse troppi) falsi miti che ti vengono proposti quotidianamente da tanti punti di informazioni, alcuni più seguiti di altri, ma tutti ugualmente deficitari in quanto ti danno una falsa rappresentazione della realtà relativamente al tuo desiderio di internazionalizzare il tuo business.

Quando pensi alla internazionalizzazione del business infatti vieni invaso da una lista infinita di problemi cui potresti andare incontro se decidi di espanderti al di fuori del territorio italiano. 

I cavalli di battaglia per eccellenza, quando si parla di societá in UK, sono:

  • il problema della brexit
  • il problema dell’esterovestizione
  • devo essere super ricco per poter internazionalizzare? 

e tanto altro. 

Mi limiterò in questo scritto a sottolineare i principali tra di essi e a smantellarli pezzo per pezzo in modo che tu abbia una visione quanto più informata e quanto più dettagliata possibile prima di prendere una qualsiasi decisione.

Quindi partiamo dalla brexit e stiamo a vedere perché il problema brexit in realtà non esiste, è una falsa paura ed è qualcosa che semplicemente non ha nulla a che fare con gli imprenditori e quindi per la quale non dovresti assolutamente preoccuparti.

Parliamoci chiaro che cos’è la brexit? Qual è la conseguenza materiale della brexit? 

É il Regno Unito che ha lasciato l’Unione Europea. 

Fine della storia.

Niente di più niente di meno.

Ci rendiamo conto che la portata della notizia di per sé stessa possa suonare psicologicamente destabilizzante a chi era abituato a considerare l’Europa un’unica famiglia felice ma la reazione che ti viene proposta da molti mezzi di informazione assomiglia molto alla reazione di un figlio che vede i genitori divorziare. Spiacevole a livello umano ma che non fa una grandissima differenza in termini di business. 

Questo perché prescindendo dal fatto tra l’Italia il Regno Unito (cosí come per quasi tutti i paesi d’Europa) vi sono giá vari accordi bilaterali, alcuni dei quali sono molto precedenti alla votazione della brexit (un esempio è l’accordo tra il Regno Unito e l’Italia per il divieto della doppia imposizione che risale addirittura al 1988), una volta terminato il periodo di transizione (il primo gennaio 2021) non solo gli accordi bilaterali resteranno in piedi ma poco o nulla cambierà per gli imprenditori.

Certo, cambierá per tutte le persone che non sono imprenditori e che vedono nel Regno Unito non una possibilità di fare impresa, ma la possibilità di trovare un lavoro come lavapiatti o cameriere, per chi è alle prime armi ed è un giovanotto che vuole imparare l’inglese, ma non per qualcuno che viene qui a formare un’impresa dal potenziale fatturato milionario. In fondo, pensaci, cosa ha a che fare questo con l’impresa?

Se stai leggendo questo post è probabile che tu sia un imprenditore e quindi devi valutare la brexit così come qualsiasi fenomeno geopolitico che si verifica, in termini puramente materiali ed economici. 

Ció detto una volta che sarà terminato il periodo di transizione avrai la possibilità di inaugurare un business negli UK e potrai prosperarci e farci soldi come ti pare

É la legge che te lo permette. 

Questo perché gli imprenditori che aprono società e business di varia natura, secondo l’ottica inglese, stanno venendo a portare profitto alla alle casse dell’erario.

È vero che il Regno Unito ha di per sé una tassazione molto bassa rispetto al tantissimi altri paesi d’Europa e del mondo ed è quindi uno dei paesi più favorevoli dove poter inaugurare il proprio business a prescindere, tuttavia è anche un paese dove le tasse, seppur basse, si devono pagare fino all’ultimo centesimo.

Le tasse qui sono una cosa seria e nel momento in cui l’azienda viene incorporata si dà per scontato che pagherai quanto dovuto e quindi porterai profitto e prosperità al popolo britannico.

Ecco perché la cosa per te non cambia.

Volendo entrare un po’ più nel tecnico, se per esempio apri una LTD a Londra e, per ipotesi, domani mattina finisce il periodo di transizione, che cosa succede?

Ti sei fatto questa domanda o stai andando soltanto per la tangente delle tante paure che ti vengono instillate giorno dopo giorno da chi neanche probabilmente ha la più pallida idea di che cosa sta dicendo?

La risposta è niente!

Perché la Limited è un’azienda dotata di personalitá giuridica separata rispetto ai suoi componenti.

Questo cosa vuol dire?

Che una volta aperta la tua azienda questa è un ente a sé stante e diverso rispetto a te, che può funzionare e andare avanti e prosperare a prescindere da te. 

Una volta creata essa sará un ente giuridico britannico a tutti gli effetti, quindi in questo caso la brexit non c’entra assolutamente niente. 

Chi mette in relazione la possibilità di aprire una Limited con la brexit non ha la più pallida idea di che cosa sta parlando. 

Di questa Ltd tu, probabilmente, sarai un azionista quindi colui che in una società possiede una quota ideale del capitale (diciamo una quota ideale perché le Ltd sono degli enti che possono essere creati privi di alcun capitale sociale – a differenza dell’Italia dove naturalmente tramite le varie forme di semplificazione e quant’altro si arriva alla creazione dell’ente societario anche con un capitale minimo di €1, ma tu non potrai toccare un soldo fino ai diecimila euro) e potrai contare su un’apertura molto più snella e priva di formalità (in assenza del notaio e non ha alcun bisogno di documenti, rogiti e tutto quello che è necessario fare in Italia) quindi come tale si può aprire fondamentalmente a costo zero. 

Infatti nonostante la tassa da pagare per l’apertura società sia minima (e parliamo di 12 sterline, l’equivalente di €15) il capitale relativo all’apertura può essere, a livello materiale, 0.

Naturalmente in quanto azionisti voi avete diritto ad avere le vostre quote pur rimanendo residenti in Italia.

Anche se sei praticamente bombardato da post e deliri che dicono il contrario siamo costretti a ribadire a ripetere che avere una società all’estero non è illegale ragazzi.

Anzi è talmente regolare e regolato che ci sono moduli fiscali che prevedono la possibilità di dichiarare i proventi di una società all’estero (hai mai sentito parlare dell’IVAFE?).

Quindi, una volta che hai dichiarato le quote e i profitti intascati da una societá all’estero, sei a posto.

Tutto legale a prescindere da quello che ti viene detto.

Se non vuoi credere a noi, puoi credere ai vari Della Valle, Briatore, Montezemolo, e fondamentalmente tutti i grandi industriali italiani (e non solo) che hanno quote azionarie in tutto il mondo.

Questo ci porta al fatto che questa storia della brexit, a te che sei un imprenditore non tocca minimamente. 

Passiamo al secondo mito: l’esterovestizione. 

L’esterovestizione altro non é che il mascherare all’estero un’attività che si sta in realtà svolgendo interamente sul suolo italiano (cosa che al momento stanno facendo molti Self Publisher incoscienti che non hanno idea dei casini nei quali si troveranno a breve).

Su questo punto ci sono tante persone che parlano a sproposito del caso Dolce e Gabbana. Ci dispiace non avere il tempo materiale per stare qui a discutere la sentenza di Dolce e Gabbana nella quale tanto per la cronaca i due imprenditori sono stati assolti.

La Cassazione ha fatto una volta e per sempre chiarimento su quelle che sono le dinamiche per considerare l’esterovestizione perché una cosa é mascherare un’attivitá a fini di evasione fiscale, altra cosa invece è quella di voler utilizzare gli strumenti a disposizione dei contribuenti per cercare di pagare quante meno tasse è possibile. Specialmente se, a questo scopo si usano le holding (sono uno strumento di compartimentazione legale ed economico grazie al quale società collegate tra di loro per via azionaria possono ottenere dividendi dal controllo che esse operano in ciascuna delle società controllate tramite la direttiva Madre/Figlia).

Naturalmente il caso esterovestizione viene sempre portato alla ribalta (e, in alcuni casi ció e dovuto al comportamento sconsiderato e a casaccio di alcuni operatori) perché l’Italia o meglio l’Agenzia delle Entrate italiana, ha un potere che spesso le altre aziende agenzie regolatrici fiscali in giro per il mondo non hanno, ossia quello di fare prima la multa e poi lasciare a te il compito e il dovere di andarti a difendere in giudizio sperando di riuscire a convincere il giudice che tutto quello che stai facendo è assolutamente legale. 

Questa è la vera arma nelle mani del fisco italiano (una cosa palesemente illegittima che che viene ancora permessa perché l’Italia è alla canna del gas). 

Ció detto l’esterovestizione viene utilizzata sempre a sproposito.

Chi la usa a vanvera non é, almeno che io sappia, un avvocato che tratta diritto internazionale. 

Alcuni di loro sono commercialisti che hanno lavorato sempre e solo in Italia e non hanno la più pallida idea di quali sono le leggi internazionali che regolano gli scambi commerciali fra l’Italia e moltissimi altri paesi, ivi inclusi in Regno Unito. 

Veniamo al terzo luogo comune, ossia i soldi che devi spendere.

Sia chiaro è vero che l’apertura e la gestione di una società all’estero può portare via un bel po’ di soldi, soprattutto se non sai cosa fare. Altra cosa invece è se sai cosa fare. In quel caso tutto diventa molto più semplice e spedito.

Tuttavia sapere cosa fare comporta esperienza sul campo e qui giá sentiamo la prima protesta: “Va bene ma io esperienza sul campo non ce l’ho”

È naturale che sia così! Non c’è nulla di male.

Costruirsi questa esperienza è meno difficile di quanto si pensi (in fondo siamo nell’era delle informazioni).

Ci sono alcuni canali, tra cui il nostro (il canale Limited for Business, youtube, facebook, blog, etc.) dove hai tutta la possibilitá di trovare moltissime informazioni (gratuite) che potrebbero essere un ottimo punto di partenza per capire cosa fare per aprire una società all’estero, aprire un conto corrente all’estero, eccetera. Ovviamente sappiamo che quello che ti abbiamo messo a disposizione potrebbe non bastare tuttavia è piú di quello che ti occorre per capire che non hai bisogno di spendere un patrimonio per metterti nelle condizioni di internazionalizzare il tuo brand. Di guadagnare del tempo prezioso per acquisire competenze essenziali per il tuo futuro. 

Sia che tu rientri nella fascia dei diciottenni che in quella dei sessantenni, non è il tempo il capitale vero che vorresti risparmiare per il tramite della formazione? Quella che ti puó rendere un imprenditore più affermato domani.

Per prepararti a operare attivamente nel mercato internazionale. 

Questi qui sopra sono solo alcuni dei miti che dovevamo smontare.

La verità è che ce ne sono tantissimi altri però questi sono i primi e i più diffusi e dai quali abbiamo pensato dovresti essere messo in guardia.

Abbiamo postato e continueremo a postare altro materiale gratuito grazie al quale potrai farti un’idea della situazione internazionale e finire cosí di dare retta a tutte le sciocchezze che ti vengono propinate giorno dopo giorno.

Per questa volta è tutto. Se vuoi approfondire l’argomento ti rimandiamo agli altri video e post presenti sui nostri canali e, laddove avessi qualche ulteriore perplessitá ti invitiamo a farci pervenire la tua domanda cui cercheremo di rispondere quanto prima oppure di telefonare gratuitamente al nostro numero verde: 800 170 016. 

P.S.: Lasciati aiutare da noi qui: https://themoneylawyers.com/consulenza/