Self publishing e fisco: come comportarsi?

Benvenuti a tutti, amici imprenditori.

Nonostante i nostri video ed articoli tendono a trattare argomenti variegati nel campo della fiscalità, utili bene o male a tutti gli imprenditori (digitali e non), oggi ci concentreremo sulla fiscalità nel self publishing.

Questa incursione non è tanto per scrivere sul blog di un argomento a caso. NO! Il problema del fisco nel self publishing è abbastanza rilevante.

Purtroppo, è un bel po’ di tempo che abbiamo visto riportare online un mucchio di inesattezze o problemi in cui sono incappati i publisher prima di farsi aiutare da noi.

Gira voce, infatti, che alcuni fiscalisti del self publishing, che usano il mezzo Ltd,  fanno l’errore di far aprire ai propri clienti una Ltd mettendoli come direttori residenti in Italia con contestuale apertura di un conto virtuale.

Facciamo una doverosa premessa: nessuno avverte le criticità fino a quando non creano rallentamenti, ecco perché è ancora più grave l’errore che fate quando non prendete posizione per evitare quelle criticità ab origine.

Non ci vuole infatti un genio per capire che se vi mettete in difficoltà in termini di compliance e in termini di estero vestizione sin dal momento in cui aprite la società (questo vale sia per il diverted profit tax act nel Regno Unito che per l’equivalente normativo di tante altre giurisdizioni), quando poi arrivate al fatidico momento dei conti bloccati, delle transazioni congelate, delle carte inutilizzabili, sarete costretti a subire un mare di domande alle quali non avete una buona risposta.

L’unica buona risposta nel caso di specie sarebbe: “scusate vi abbiamo detto una cazzata, abbiate pazienza, perdonateci“.

Questo è l’unica cosa che potreste realisticamente dire.

Quello che sembra un’esagerazione è in realtà la trasposizione di diversi episodi recenti, di publisher che si sono rivolti a noi, terrorizzati.

Ho questa struttura fatta in questo modo, mi sono affidato a ………., adesso il conto è bloccato, le carte non sono più utilizzabili, io non posso più ricevere i vari pagamenti da ACX, KDP e quant’altro”.

Ovviamente ci dispiace molto quando queste cose accadono perché le persone che ne sono vittime sono bravi ragazzi, persone che vogliono semplicemente fare un business decente e portare a casa del fatturato. Ragazzi che non si fanno domande sulla liceità e conseguenze di alcuni comportamenti.

Personalmente, non amiamo fare battute sulle sciagure altrui ma, quando ci sentiamo ripetere per l’ennesima volta la stessa filastrocca dei conti bloccati, la prima cosa che ci vien da dire è

“NO! DAVVERO?

E come è successo?

Siamo sorpresi!”

Parlando più nel dettaglio della problematica di Pyoneer e di altri conti virtuali (che stanno venendo progressivamente bloccati), sono molti a chiedersi che cosa succede.

La risposta non è difficile. Accade che le maglie della compliance si stanno sempre più stringendo.

Anche qui c’è bisogno di una piccola premessa.

Anche il mondo del riciclaggio e dell’evasione è un mondo che può far capo a pochi”.

Ci rendiamo conto che questa è un’affermazione urticante per tutti quelli che si spaccano la schiena per pagare fino all’ultimo centesimo di tasse.

Purtroppo è anche la verità.

Se lo specchio d’acqua dei soldi da nascondere al fisco è infestato da pochi squali, allora la perdita per le nazioni puó ancora essere definita come fisiologica.

Ma se fa capo a troppi pesciolini, l’ammontare di liquidità persa, è un ammontare che fa collassare le agenzie fiscali di qualsiasi governo.

Ecco spiegata la ragione della stretta su tutti i conti bancari (quelli virtuali in prima fila).

Perché fino a quando a fare il self-publishing o l’Amazon FBA erano 150- 200-300 persone in tutto il mondo era un conto.

Adesso che sono diventate attività di moda, con centinaia di migliaia di persone che si sono lanciati in questo campo, ne è un altro.

E la conseguenza è che l’ammontare di denaro non dichiarato, è stratosfericamente più alto rispetto a prima.

Vi potreste chiedere perché questa cosa passa sotto traccia per i governi quando ci sono poche persone.

Presto detto.
Perché i governi si basano su numeri enormemente grandi. Il troppo, come sapete, storpia. Quando una cosa del genere viene fatta da troppi (soprattutto con fatturati alti ognuno) qualche contromisura è ovvio che venga presa e la prima cosa che vi viene bloccata è proprio il vostro conto corrente on line in quanto non rispetta i termini della compliance.

Volete un indizio sulla ragione? Diciamo che una società estera con un direttore residente in Italia che si fa arrivare i soldi in Italia…è un pezzo del puzzle.

Tenete conto che qualsiasi istituto di pagamento (così come la banca) è tenuta a seguire delle regole di valutazione prudenziale e quindi può benissimo chiudervi il conto e, per il divieto del Tipping Off, non dirvi nulla.

Quindi che si fa?

È molto semplice e qui do il consiglio a vari fiscalisti del web.

Aiutate i vostri clienti ad aprirsi un conto corrente fisico.

Però il conto corrente fisico ha una problematica, ossia che questo è un tipo di conto corrente che se avete la Ltd incardinata del Regno Unito, con direttore residente in Italia, non ve lo apriranno mai (nonostante alcuni dicono di usare la figura del “general manager”).

Siccome le transazioni ACX, KDP sono mensili, una volta al mese ricevete il pagamento e se questo viene congelato o bloccato, dovete aspettare il mese successivo, se siete fortunati (a volte dovrete aspettare 5-6-7 mesi perché se vi bloccano momentaneamente l’account per investigazioni interne, resterete un bel po’ senza vedere nulla).

E a poco vale aprire un altro conto virtuale per farci transitare e lo mettete sui vostri vari account KDP, ACX in quanto vi bloccano anche lì. L’unica alternativa sarebbe di aprirsi un conto corrente fisico.

Perché il conto corrente fisico e non il conto corrente virtuale?

Il conto fisico dà meno possibilità alle persone di irrompere in attività antiriciclaggio o attività di evasione in quanto, a differenza del conto virtuale, se la banca ha un punto di riferimento ha già scavalcato il punto più arduo della compliance.

Perché grazie a quello avrete una collocabilità fiscale (nel Regno Unito nel caso di specie) come persona residente.

Questo vale per il direttore naturalmente.

Se questo non avviene, il conto fisico non lo aprono. Se il conto fisico non lo aprono voi avrete sempre di queste difficoltà, sempre. Prima o poi Pyoneer chiuderà i conti, domani li chiuderà TransferWise, etc.

Andate a rivedervi i nostri video precedenti, lo diciamo numerose volte, le maglie della compliance si stringeranno sempre di più e non vi permetteranno di fare questi giochetti.

Nonostante quanto detto, molti di voi penseranno “vabbè ma io faccio i miei 100 mila all’anno o 200 mila o 300 mila con Amazon FBA, che cosa vuoi che cambi per uno stato? Perché devono venire a rompere le scatole a me?” A questo rispondiamo che se lo faceste da soli saremmo ancora d’accordo, vi lascerebbero in pace, molto probabilmente.

Il dato di fatto è, tuttavia, che non siete i soli a farlo (lo sappiamo, tutti pensano di essere più furbi degli altri). Una delle cose più comuni ai ragazzi che aprono le start up è quella di credersi sempre più furbi del fisco, in qualsiasi paese e in qualsiasi giurisdizione.

Inutile specificare che questo non è sempre vero, anzi non è vero quasi mai.

Per quanto riguarda le banche virtuali, queste sono uno strumento affilato e pericoloso per certi versi, ed è per questo che di recente è arrivata una comunicazione di Amazon che provvederà a pagamenti soltanto nei confronti di alcuni determinati istituti che rispettano determinate regole.

Questo perché, come detto, le regole della compliance stanno progressivamente cambiando dando la possibilità a pochi istituti di poter accedere, o meglio di potersi conformare agli standard che Amazon richiede per evitare di agevolare condotte fraudolenti.

È matematica ragazzi, è meccanica, non ci vuole neanche per forza una laurea in legge o essere avvocati per capire certe cose. Veramente basta fare pochi semplici passaggi, veramente 2+2.

È BENE AGGIUNGERE CHE le banche virtuali non hanno nulla che non va se non che per un dettaglio: operano tramite quelli che si chiamano pool account.

E questo vale per tutti.

Quindi mentre voi credete magari di avere un account singolo e che fa capo esclusivamente a voi, nella realtá, avete una sezione, una partizione singola di un conto corrente che funge da raccoglitore per tutti i clienti. Questo pool account generalizzato è fatto di somme in continua entrata e in continua uscita, ma spetta unicamente all’istituto di pagamento frazionarla, inviarla o percepirla. Quando questo avviene, a livello di compliance, soprattutto per coloro che devono fare delle investigazioni, diventa molto più problematico tracciare un singolo pagamento e farsi restituire quel pagamento all’interno di un mare magnum del pool account.

Questo non accade con un conto fisico che è sempre nominativo e facilmente ricollegabile.

Passiamo ad un altro argomento, ossia i consigli che alcuni fiscalisti del self publishing propongono.

Apparentemente alcuni dicono ai propri clienti che se anche la Guardia di Finanza o l’Agenzia delle Entrate dovesse sapere che un publisher ha una società all’estero diventerebbe molto complicato per le autorità andare a investigare all’interno delle loro finanze e quindi sapere che effettivamente sono in estero vestizione o che stanno facendo quella che si chiama una dichiarazione infedele.

Allora ragazzi, non è proprio così. Questa mi dispiace dirlo è un errore tecnico molto molto grave.

Quando l’Agenzia delle entrate fa un controllo, al netto di rogatorie, semplicemente ha bisogno di mettere il vostro nome nella Companies House britannica. Da qui si rileva il vostro nome e il nome della vostra società. A questo punto il guru di turno se ne esce con qualcosa del tipo “va beh, ma da lì poi a stabilire quello che tu stai percependo ce ne vuole. Perché dovrebbero avere accesso alla tua banca e non possono avere accesso“.

C’è un piccolo passaggio che forse sfugge ai piú. I bilanci nel Regno Unito sono pubblici, così come anche gli utili. E basta andare a prendersi un bilancio (è gratuito) per vedere tutto. Quegli utili poi la GDF li va a raffrontare con la dichiarazione dei redditi in Italia per poi fare 2+2.

E questo è uno scenario identico a quello di dozzine di altre giurisdizioni nel mondo.

Come vedete il fisco non ha bisogno di accedere al vostro conto corrente, per nulla.

Caso mai ai fiscalisti guru superbravi del self publishing questa cosa fosse sfuggita……..beh ora la sanno.

Per oggi è tutto, cari amici publisher. Come sempre, per chi volesse saperne di piú, lo aspettiamo sul sito www.themoneylawyers.com dove troverete un mare di video gratuiti a vostra disposizione.

Se poi siete interessati in una call gratuita finalizzata alla valutazione della vostra situazione personale e/o aziendale chiamate tranquillamente il nostro numero verde 800170016.

Ciao!